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di Marco Esposito

#6

Figlia dell'Universo - Parte 1

Stazione Spaziale dello SWORD – Orbita Terrestre

Carol Danvers e Dane Whitman stavano camminando con calma lungo i corridoi della stazione spaziale, chiacchierando animatamente. Carol indossava un costume rosso, oro e blu che ricordava molto il suo costume originale, senza però lasciare scoperta tutta la pelle che quel costume mostrava. Il costume copriva tutto il suo corpo ed aveva quel tocco militare che mancava al suo vecchio costume, con le borchie e l’aspetto più austero. Dietro il suo collo cadeva una corta maschera simile ad un cappuccio. Aveva accorciato i capelli.

Dane indossava invece normali abiti civili. Nessuno avrebbe mai detto che quell’uomo era il Cavaliere Nero non fosse stato per l’elmo color ebano con sfumature dorate che indossava e la lunga Spada d’Ebano che penzolava dalla sua cintola.

“Preferivo il tuo vecchio costume” disse all’improvviso Dane dando un’occhiata al nuovo costume di sua moglie. “Sembravi più…”.

“Una prostituta?” chiese Carol sorridendo. “Ora lavoro per lo SWORD, ho bisogno di una divisa più adatta al mio nuovo lavoro”.

“Pensavo che la parentesi SWORD fosse chiusa, ora” replicò Dane. “Erano settimane che la Brand non ti chiamava per una missione. E sinceramente non capisco per quale motivo abbia chiamato anche me insieme a te”.

“Penso che stiamo per scoprirlo” rispose Carol quando, dopo un paio di minuti passati a camminare fra i corridoi della stazione, entrambi si trovarono davanti alla porta blindata dell’ufficio della direttrice dello SWORD, Abigail Brand.

“Odio la Brand” commentò Dave osservando la porta.

“Tutti la odiano, ci farai l’abitudine” disse la Danvers mentre poneva il palmo della propria mano sopra un pannello blu all’altezza della porta. Il pannello vibrò per qualche istante prima di scannerizzare le sue impronte digitali e poi, con uno scatto secco, la porta si aprì, rivelando l’ufficio al suo interno. Ampio quanto un appartamento ma austero nell’arredamento, era per lo più composto da grandi postazioni e schermi luminosi che proiettavano decine di diverse immagini tridimensionali. Un’intera parete era occupata invece da una grande serie di pareti di vetro che lasciavano vedere lo spazio nel quale orbitava la stazione, permettendo di scorgere a tratti anche parte del globo azzurro che era la Terra.

“Non è vero che mi odiano tutti, è solo che non sono amabile quanto voi eroi in spandex” disse la donna con i capelli verdi seduta al di là dell’ampia scrivania che occupava gran parte dell’ufficio. Abigail Brand stava osservando entrambi con cipiglio serio, gli occhiali da sole verde ben serrati sul suo volto per impedire che anche la minima espressione visiva venisse colta. “E ci sono delle telecamere fuori dal mio ufficio” aggiunse mentre con un gesto invitava i due ad accomodarsi sulle scomode sedie davanti alla sua scrivania.

I due si sedettero subito davanti alla donna, che stava osservando con sguardo critico il vestito indossato da Carol.

“La prossima volta mi limiterò a pensare quanto sei odiosa” replicò la Danvers con un sorrisetto.

“Ho dei telepati qui dentro, sentirei anche quello” disse Abigail. “Ma sinceramente, non è che me ne importi un granché di quello che pensi, Danvers”.

“Allora” le interruppe Dane prima che Carol potesse ribattere. “Perché ci hai chiamati qui?”.

“Perché ho avuto dei problemi con la vecchia squadra” rispose Abigail con calma. “Légion e Starlight non sono opzioni a cui possiamo accedere, al momento. E come ben sapete Capitan Universo è morto”.

“Cosa è successo a Starlight e Légion?” chiese Carol, ma la Brand la ignorò.

“Pertanto ho radunato una serie di superumani adatti ad affrontare minacce aliene” continuò. “Ma naturalmente non hanno alcun tipo di esperienza sul campo e per questo motivo ho avuto la necessità di chiamare voi due per dare una mano al nuovo team”.

“Cosa è successo a Starlight e Légion?” ripeté Carol.

Voi due?” le fece eco Dane. “Anche me?”.

“Sì, Cavaliere” rispose Abigail continuando ad ignorare Carol. “Ho bisogno di un supporto magico. 27 razze aliene conoscono rudimenti di magia, 13 utilizzano una combinazione di magia e tecnologia, addirittura 18 usano la magia per compensare la mancanza di un apparato…”.

“Penso di aver capito” la interruppe Dane. “Ma io non sono un mago”.

“Ma hai familiarità con la magia” replicò la Brand. “E non possiamo permetterci il Dottor Strange, per ora”.

“Stai continuando ad ignorare la mia domanda” intervenne Carol. “Che fine hanno fatto gli altri?”.

“Non ti sto ignorando, Danvers” rispose Abigail incrociando le braccia. “Non ho semplicemente intenzione di risponderti”.

“Voglio sapere che è successo, oppure mi rifiuto di tornare nella tua dannata squadra” replicò Carol irritata.

“Non sono autorizzata a dirtelo, Carol” disse la Brand con assoluta calma. “Neanche loro due vorrebbero che lo facessi”.

Carol ispirò profondamente, pronta a perdere la calma, poco prima che Dane poggiasse una mano sulla sua gamba e le lanciasse un’occhiata fulminante per spingerla a tacere.

“Va bene” mormorò Miss Marvel. “Dov’è la squadra?”.

“Vi stanno aspettando tutti nella Sala Riunioni” rispose Abigail mentre si alzava e gli altri due la imitavano. “E dovremmo sbrigarci, non ho molto tempo da perdere in chiacchiere”.

“Per quale motivo hai così tanta fretta di creare un nuovo team, Abigail?” chiese Carol, incuriosita. “Siamo sull’orlo di un’invasione aliena?”.

“Oh, niente del genere” rispose la Brand sorridendo. “Ma qualcosa di molto, molto peggio”.

*

Izzy Dare fino ad una settimana prima non si sarebbe mai aspettata di trovarsi in una gigantesca stazione spaziale, né tantomeno di stare per incontrare due membri dei Vendicatori. Fino ad una settimana prima la cosa più eccitante che le sarebbe mai passata per la testa era di scendere in città per fare un giro al centro commerciale con le amiche. Fino ad una settimana prima non avrebbe mai pensato di poter vedere le stelle da così vicino, se non con il suo fidato telescopio. Guardando al di là delle finestre di vetro della Sala Riunioni le sembrava addirittura di provare commozione guardando i puntini luminosi che a lungo aveva bramato di poter vedere da vicino. Ma, come sua madre continuava a ripeterle, non sarebbe mai andata nello spazio, non in questa vita… suo nonno era già stato un’astronauta, lei sarebbe sempre stata eclissata dalla sua sfolgorante carriera, non era destino che lei viaggiasse tra le stelle come lui aveva fatto. Lei era destinata ad occuparsi della dannata fattoria che i suoi genitori le avevano lasciato, aveva come unica prospettiva di vita una noiosa esistenza fatta di fatica e di monotonia…

Almeno finché quegli occhiali da sole rossi erano precipitati nella sua fattoria, cambiando per sempre la sua banale e monotona esistenza in qualcosa di eccitante, rendendola un’astronauta. E una supereroina.

Stanno arrivando. I bisbigli tornarono a palpitarle nelle testa, insinuandosi tra i suoi pensieri come se li avesse formulati lei stessa. Miss Marvel e il Cavaliere Nero stanno per arrivare.

“Lo so” mormorò ad alta voce, facendo subito voltare i due uomini che assieme a lei stavano aspettando l’arrivo della Brand. Si maledisse fra sé e sé per l’ennesima volta e, arrossendo, rivolse ad entrambi un rapido sorriso.

L’uomo muscoloso che l’aveva accolta appena era arrivata dicendo di chiamarsi Hyperion rispose al sorriso calorosamente. Appena Izzy lo aveva visto si era quasi spaventata per la sua statura: era alto almeno due metri ed aveva la corporatura di un culturista. Con i capelli bruni che ricadevano in riccioli disordinati sulla sua testa, la cosa più sorprendente dell’uomo era il ridicolo costume che indossava, oro e blu, con tanto di ampio mantello arancio che gli ondeggiava dietro le spalle.

Non che lei potesse dare lezione di stile, anzi. Quando aveva raccolto per la prima volta gli occhiali rossi e li aveva indossati, una sorta di costume blu le si era materializzato attorno, ricadendo aderente sulla sua pelle e coprendo il suo corpo in un involucro degno del peggior costume di Carnevale, dandole l’aspetto di uno di quei ridicoli supereroi che aveva a lungo invidiato. Ma quello era il prezzo per avere dei poteri straordinari. Quello, oltre le voci nella testa provenienti direttamente dalla mente assolutamente viva e indipendente dei propri occhiali.

L’altro ragazzo nella stanza non rispose invece al suo sorriso, ma si limitò a mandare un cenno con il capo e a girarsi di nuovo. Era un ragazzo dalla pelle scura e con una lunga chioma di rasta bruni, ed indossava una divisa di certo meno appariscente di quella di Izzy o di Hyperion, consistente in una sorta di rielaborazione delle divise dello SWORD. Izzy guardandolo si chiese quale potere potesse avere, o quale straordinaria abilità gli fosse valsa un posto nella squadra di azione dello SWORD.

Arrivano. La voce degli occhiali echeggiò nella sua testa pochi attimi prima che, con un rumore secco, la porta della Sala Riunioni si aprisse.

Attraverso di essa entrarono subito la donna dai capelli verdi che Izzy aveva incontrato almeno due volte prima di quel giorno, e due persone che Izzy avrebbe riconosciuto subito, anche senza che gli occhiali, con la loro voce irritante, le spiegassero chi si trovava di fronte.

“Salve, ragazzi” disse Abigail con un sorriso incoraggiante. “Vi presento Carol Danvers, che molti di voi conosceranno con il nome di Miss Marvel, e Dane Whitman, alias il Cavaliere Nero”.

“Piacere di conoscervi” disse Carol sorridendo.

“Ciao” salutò Dane facendo un ampio gesto con la mano verso i tre.

“Vi presento Isabel “IzzyDane, alias Smasher” continuò a dire Abigail rivolgendosi stavolta a Carol e Dane.

Smasher?” chiese Carol, sorpresa. “Come il membro della Guardia Imperiale Shiar?”.

“Sì” rispose Izzy. “Nella mia fattoria erano caduti dei frammenti del cristallo usato per creare gli “exospex”, gli occhiali che danno i poteri agli Smasher”.

“E dato che quel particolare tipo di cristallo è completamente organico” spiegò Abigail. “In breve tempo gli occhiali si sono rigenerati creando la copia attualmente indossata dalla signorina Dane”.

“La Guardia Imperiale non ne sarà felice” commentò Carol.

“La Guardia Imperiale non è a conoscenza della mia esistenza” replicò Izzy. “Lo SWORD mi ha prelevata e nascosta non appena ho ottenuto i miei poteri per tenerli sotto controllo”.

“E non ho intenzione di far sapere a Lilandra che abbiamo rubato un loro manufatto” aggiunse la Brand. “Per ora ci terremo la nostra ragazza capace di mimare pressoché ogni potere di cui abbiamo bisogno, senza che nessuno lo sappia”.

“Non dev’essere facile far finta di non esistere” disse Dane con un sorriso rivolgendosi a Izzy, che ridacchiò, vagamente imbarazzata.

“Non le facciamo mancare nulla” tagliò corto la Brand mentre con un gesto indicava Hyperion. “Vi presento poi Hyperion, essere extradimensionale con poteri solari… casomai volessimo annientare Thor, abbiamo la nostra risposta”.

L’uomo rise e poi, staccandosi da terra e levitando fino a raggiungere Miss Marvel e il Cavaliere Nero, si affrettò a stringere ad entrambi la mano dicendo: “Sono felice di conoscervi”.

“Piacere mio, Hyperion” disse Carol con un sorriso, per poi rivolgere lo sguardo verso il ragazzo dalla pelle scura rimasto in disparte fino a quel momento. “E tu sei…?”

“Eden Fesi, alias Manifold” rispose lui frettolosamente. “Sarò il vostro teleporta”.

“Esattamente” disse Abigail. “Qualcuno che ci permetta di spostarci da un luogo all’altro velocemente è essenziale. E Manifold è stato addestrato da Gateway”.

“Lo conosco” notò Carol. “Sei anche tu australiano?” aggiunse rivolta ad Eden, che annuì inarcando le labbra in un lieve sorriso.

“Bene, ora che i convenevoli sono terminati, credo sia ora di mostrarvi il motivo per cui siete qui” disse la Brand mentre si avvicinava all’ampio tavolo circolare al centro della Sala Riunioni ed iniziava a pigiare velocemente dei tasti su uno schermo incastonato nel mobile. Pochi attimi dopo, sfrigolando in un’esplosione di luci, un ampio ologramma che riproduceva il globo terrestre si materializzò al centro del tavolo. Tutti i presenti si avvicinarono per vederlo meglio.

“Qualche settimana fa Capitan Universo è morto” iniziò a spiegare Abigail. “La Forza Enigma che ne alimentava i poteri lo ha consumato, ma naturalmente un’energia così potente non si è semplicemente dispersa nell’ambiente”.

“Dimmi che non ha trovato un nuovo ospite” disse Carol mentre prendeva in considerazione l’ipotesi che quel grandioso potere finisse nelle mani sbagliate.

“Ancora no, ma i nostri rilevamenti non promettono nulla di buono” rispose la Brand mentre il globo olografico vibrava e dei puntini luminosi si manifestavano lungo la sua superficie. “Nelle ultime settimane la Forza Enigma si è andata manifestando in differenti punti del pianeta. La maggior parte delle volte le rilevazioni consisteva di qualche picco di energia, ma in alcuni casi la Forza ha interferito direttamente sull’ambiente, creando mutamenti atmosferici, terremoti ed altri eventi simili. Ma il problema non sono i cambiamenti climatici, quelli possiamo gestirli, ma il fatto che essa sia tornata di nuovo sulla Terra in cerca di un ospite. Da un certo punto di vista è un bene, visto che un’energia così potente potrebbe venir utilizzata a nostro discapito cadendo in mani aliene, dall’altro lato però fino ad ora la Forza Enigma ha portato solamente distruzione sulla Terra”.

“Puoi rilevare quale sarà il prossimo ospite?” chiese Dane.

“La nostra Sezione Psichica può trovare approssimativamente il prossimo punto di arrivo della Forza” disse Abigail. “Potremmo sbagliarci, ma indicativamente pensiamo che ci sarà un picco di energia a New Orleans nelle prossime ore”.

“Per picco intendi semplicemente qualche cambiamento climatico o qualcosa di più serio?” domandò Carol. “Se dobbiamo semplicemente fermare qualche tornado o un’inondazione, a quel punto i Vendicatori o gli X-Men sarebbero più appropriati”.

“Se fossero stati semplici tornado non vi avrei fatti venire” replicò la Brand con cipiglio severo. “E poi i Vendicatori, gli X-Men, persino lo SHIELD, non devono essere immischiati in questa faccenda”.

“L’aiuto di qualche supereroe farebbe comodo” ribatté Dane.

“Questa è una faccenda dello SWORD” disse Abigail con fermezza. “E ce ne occuperemo senza allarmare nessuno. E senza che nessuno sappia che siamo andati a New Orleans”.

“Quindi è un’operazione segreta?” domandò Carol. “Ora siamo diventati degli 007?”.

“Vi faccio io una domanda, Danvers” replicò Abigail. “Come mai i nuovi arrivati non hanno ribattuto una sola volta e voi invece non fate altro che puntualizzare?”.

Izzy ridacchiò e Hyperion incurvò le labbra in un sorriso.

“Ancora non ti conoscono, Brand, dagli un po’ di tempo e ti odieranno come tutti” disse Carol.

“Lo spero, altrimenti non sarebbero umani” si limitò a dire lei prima di spegnere l’ologramma con un rapido movimento della mano sulla tastiera. “Tornando a noi, se non intercettate la Forza Enigma prima che il prossimo ospite faccia troppi danni, rischiamo di mettere a repentaglio l’intero Pianeta”.

“Cosa ne facciamo dell’ospite?” intervenne Hyperion, parlando per la prima volta. “Spero che non dovremo ucciderlo”.

“Ovviamente no” rispose Abigail. “Non risolvereste la situazione, la Forza troverebbe in breve tempo un nuovo ospite. Dovete rendere il nuovo Capitan Universo inoffensivo e portarlo qui. Al resto penseremo io e la mia Sezione Psichica”.

“Lo trasformerete in un’arma” disse Carol.

“Esattamente” confermò Abigail. “Non pensare che la Forza Enigma sia l’unica minaccia per cui vi ho riuniti, ci sono altre fazioni in gioco”.

“Bene” esclamò Carol. “Sono un soldato e tu lo sai, Brand. Non mi opporrò ulteriormente”.

Si girò verso Manifold e chiese: “Puoi teleportarci a New Orleans?”.

“Certo” rispose lui. “Posso aprire un portale da qui, datemi qualche attimo, vorrei evitare di teleportarci dentro qualche parete”.

Mentre parlava aveva iniziato a muovere le mani formando complessi movimenti, facendo ondeggiare le dita per creare simboli invisibili, mentre i suoi occhi iniziavano a brillare e l’aria dinanzi a lui prendeva a scintillare e a contorcersi, come se la realtà stessa stesse venendo piegata dal ragazzo.

Poi Manifold aprì entrambe le mani e rivolse i palmi verso Carol, congiungendo le punte delle dita. Successivamente iniziò ad allontanare le mani l’una dall’altra, squarciando letteralmente lo spazio e creando un ampio portale che andò ad ingrandirsi sempre di più fino ad assumere la forma di un ampio cerchio luminoso sospeso nell’aria.

“Dopo di voi” disse il ragazzo indicando il portale con un gesto teatrale.

“Allora ci sentiamo dopo, Brand” salutò Carol con un sorriso.

“Se mi costringerete a chiedere aiuto ai Vendicatori, giuro che vi ammazzo” le disse Abigail rispondendo al sorriso, poco prima che il gruppo entrasse nel portale e vi sparisse all’interno. Pochi attimi dopo il varco si chiuse.

*

Ospedale di New Orleans.

In una stanza buia dell’Ospedale di New Orleans giaceva una donna di colore. Tamara Devoux dormiva in quello stesso letto oramai da 7 anni, da quando un’automobile aveva investito lei e la sua bambina, facendo sprofondare lei in un coma profondo ed uccidendo la piccola. Molti si chiedevano quale sarebbe stata la reazione di Tamara se un giorno, svegliandosi, avesse scoperto della morte di sua figlia. Ma molti ancora rispondevano semplicemente che Tamara non si sarebbe più svegliata, che il trauma da lei subito al cervello non le avrebbe mai più permesso di smettere di sognare.

Ma quella notte, dopo la visita medica giornaliera, mentre nel cielo si andavano ad addensare delle dense nubi, una scintilla di vita si accese nel corpo di Tamara Devoux e lei aprì gli occhi, mentre la sua mente si fondeva con l’Universo.